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Responsabilità medica

La responsabilità medica è quella forma di responsabilità inquadrabile in capo all’esercente la professione sanitaria per i danni derivati al paziente a causa di errori, omissioni o violazione degli obblighi previsti per l’esercizio dell’attività sanitaria stessa.

Con l. n. 24 dell’8 marzo 2017, meglio nota come Legge Gelli-Bianco, il legislatore è nuovamente intervenuto, dopo poco più di quattro anni dall’approvazione della l. n. 189/2012 (c.d. Legge Balduzzi), in materia di responsabilità professionale del personale sanitario.

In particolare, a causa dell’aumento del contenzioso in materia di malasanità e il costante timore dei medici di vedere intentata un’azione legale nei loro confronti, negli ultimi anni in Italia si è sentito sempre più spesso parlare di medicina difensiva, che si caratterizza in una serie di servizi aggiuntivi diagnostici o terapeutici (visite o analisi) non necessari e finalizzati solo a dissuadere il paziente dalla possibilità di adire azioni legali. Pertanto, lo scopo della presente riforma è quello di rafforzare il rapporto di fiducia che dovrebbe venire ad instaurarsi tra il paziente e il professionista, da un lato riconoscendo al medico una tutela più pregnante e dall’altro garantendo al paziente un maggior grado di trasparenza.

La legge Gelli-Bianco finisce quindi per stravolgere la normativa civilistica in materia di responsabilità medica, superando in modo definitivo gli orientamenti ormai consolidati della Corte di Cassazione, e finisce anche per modificare la disciplina penalistica, limitando le ipotesi in cui il medico sia tenuto a rispondere per la morte o per le gravi lesioni patite dal paziente.

Con il presente articolo si intende fare chiarezza sui passi più importanti della riforma, soffermandosi sulle principali modifiche che hanno interessato tanto l’ambito della responsabilità civile quanto quello della responsabilità penale.

Responsabilità civile

Uno degli aspetti più importanti introdotti con l’art. 7 della riforma del 2017 è il cd. doppio binario di responsabilità, per cui sarà possibile inquadrare solo in capo alla struttura sanitaria una responsabilità di tipo contrattuale (1218 c.c.), al contrario il medico sarà tenuto a rispondere a titolo di responsabilità extracontrattuale(2043 c.c.).

Questo mutamento ha una rilevanza notevole sotto diversi punti di vista, in particolare:

  • Onere della prova: sarà il paziente a dover dimostrare non solo il pregiudizio subito, ma anche il nesso di causalità tra la condotta posta in essere dal medico e il danno effettivamente derivato
  • Termine prescrizionale: 5 anni

Ovviamente questi cambiamenti sono limitati solo all’azione civile intrapresa nei confronti del medico curante, infatti la struttura sanitaria continua a rispondere a titolo di responsabilità contrattuale, con la conseguenza che chi agisce in giudizio per il risarcimento del danno nei confronti di quest’ultima sarà tenuto a provare solo l’entità del pregiudizio subito e il termine di prescrizione è quello ben più lungo di 10 anni. Per tali ragioni, la Legge Gelli-Bianco ha altresì introdotto l’obbligo per tutte le strutture sanitarie, pubbliche o private, di stipulare un contratto di assicurazione.

Ancora, il c.d. doppio binario di responsabilità non trova applicazione nel caso in cui il medico e il paziente abbiano concluso un accordo, in questo caso sia il professionista che ha effettuato l’operazione che la struttura sanitaria risponderanno a titolo di responsabilità contrattuale.

La Riforma Gelli-Bianco ha poi confermato il valore delle c.d. linee guida come termine di confronto per determinare il livello di responsabilità del medico in caso di danno.

Le linee guida possono essere definite come quell’insieme di raccomandazioni, basate su conoscenze scientifiche continuamente aggiornate e attuali, che il professionista è tenuto a rispettare nella scelta delle modalità di assistenza e cura del paziente. L’art. 5 della l. 24/2017 ha stabilito che le linee guida siano elaborate da enti e istituzioni pubbliche e private nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in un apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della Salute.

ATTENZIONE: le linee guida non rappresentano un paramento insuperabile, dovendo sempre avere riguardo al caso concreto!

Ne discende che la condotta dei sanitari che si discosti volontariamente e motivatamente dalle linee guida a causa di particolari situazioni che attengono alla salute e allo stato del paziente, non potrà essere considerata negligente. Al contrario, una condotta conforme alle linee guida ma inadatta alle peculiarità del caso concreto potrà essere giudicata colposa (Cass., ordinanza 30.11.2018, n. 30998).

Sempre al fine di garantire una maggior tutela alla vittima, è stato istituito il Fondo di garanzia per i danni da responsabilità sanitaria, il quale si occupa di corrispondere il risarcimento al danneggiato quando l’entità del pregiudizio patito da quest’ultimo ecceda i massimali previsti dal contratto di assicurazione, oppure quando l’impresa assicurativa si trovi in uno stato di insolvenza, liquidazione coatta amministrativa o vi venga posta successivamente e non sia quindi in grado di liquidare il paziente.

Infine, ulteriori aspetti interessanti sono: l’introduzione dell’obbligo di esperire la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite ex art. 696 bis c.p.c. e l’azione di rivalsa che la struttura sanitaria può esercitare sul medico qualora egli abbia agito con dolo o colpa grave

Responsabilità penale

L’art. 6 della Riforma Gelli-Bianco introduce il nuovo art. 590 sexies c.p. a mente del quale il medico non sarà tenuto a rispondere del reato di omicidio colposo (589 c.p.) o di lesioni personali colpose (590 c.p.), quando l’evento si sia verificato a causa dell’imperizia dell’esercente la professione sanitaria, nonostante siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità o, in mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le stesse risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

La norma introduce dunque una nuova causa di esclusione della responsabilità che opera quando:

  • L’evento si sia verificato a causa dell’imperizia del medico;
  • Siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida o, in mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali;
  • Quanto disposto dalle linee guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziale deve risultare adeguato alle particolarità del caso concreto.

A questo punto è necessario domandarsi: quando è possibile parlare di imperizia? E che differenza c’è tra imperizia, negligenza e imprudenza?

La tesi prevalente tende a parlare di negligenza nei casi di non curanza e scarsa attenzione, di imprudenza nelle ipotesi di avventatezza (si pensi al professionista che opera senza aver tenuto conto dei rischi cui espone il proprio assistito) e imperizia che si configura ogniqualvolta il medico ponga in essere una determinata condotta che presuppone la conoscenza di regole tecniche e scientifiche non rispettate per incapacità o inettitudine tecnica o professionale. In altri termini, si parla di imperizia quando l’esercente la professione sanitaria non ha rispettato le cd. leges artis, ossia quelle regole scientifiche o tecniche che dovevano essere applicate in ragione delle specificità del caso concreto.

Appare evidente però come non risulti sempre agevole individuare questa distinzione (tra negligenza, imprudenza e imperizia) nella pratica e soprattutto non risulta chiaro neppure fino a che punto il medico non sia punibile in caso di imperizia.

A porre fine a queste incertezze è intervenuta ancora una volta la Corte di Cassazione, che con una recente sentenza a Sezioni Unite (n. 8770 del 22.02.2018) ha stabilito che il medico risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali quando:

  • L’evento si è verificato per colpa (anche lieve) da negligenza e imprudenza;
  • L’evento si è verificato per colpa (anche lieve) da imperizia nei soli casi in cui il trattamento che doveva essere eseguito sul paziente non era regolato dalle raccomandazioni riportate nelle linee guida e dalle buone pratiche clinico-assistenziali;
  • L’evento si è verificato per colpa (anche lieve) da imperizia nella individuazione dalle linee guida o delle buone pratiche non adatte per le particolarità di quel singolo caso;
  • L’evento si è verificato per colpa (grave) da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni contenute nelle linee guida o nelle buone pratiche clinico assistenziali adatte alle specificità del caso concreto, tenuto conto del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico.

Roma, 14.03.2019

Avv. Domenico Vizzone

Tel: 06.50931195