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Contratto preliminare di vendita di immobile con abusi edilizi

Il contratto preliminare è un particolare tipo di accordo mediante il quale le parti si obbligano a concludere un futuro contratto definitivo.

Nonostante la scarna regolamentazione contenuta nel codice civile, per cui è richiesto solo che il preliminare abbia la stessa forma che la legge prescrive per il definito, questa tipologia contrattuale è spesso utilizzata nella prassi, si pensi soprattutto ai preliminari di vendita immobiliare.

Di sovente, tuttavia, accade che a seguito della stipula di un contratto preliminare per la vendita di un immobile ad uso abitativo, il promissario acquirente scopra che l’immobile in questione presenta dei vizi e delle difformità.

Gli abusi edilizi, oltre a dover essere resi noti dal promittente venditore al promissario acquirente, possono rendere particolarmente difficile per quest’ultimo ottenere un mutuo da parte della banca per l’acquisto della casa su cui sono state effettuate delle variazioni strutturali non denunciate al Comune. Infatti, la perizia effettuata dalla banca sul bene mira a verificare la corrispondenza tra la planimetria e la situazione reale dell’immobile, con la conseguenza che in caso di difformità l’istituto di credito negherà la richiesta di concessione del finanziamento avanzata dal cliente.

Quali sono allora i possibili rimedi che il promissario acquirente può esperire?

Sino alla metà degli anni ottanta, la giurisprudenza più risalente riteneva fosse possibile distinguere il contratto preliminare di vendita a contenuto tipico, considerato fonte dell’obbligazione delle parti di prestare il proprio consenso per la stipula del futuro contratto definitivo, e il contratto preliminare con effetti anticipatori, che invece anticipava alcuni effetti del futuro contratto definitivo (es. il pagamento del prezzo o la consegna del bene).

Sul piano rimediale, la Corte di Cassazione affermava che solo nel primo caso la parte adempiente potesse esperire un’azione di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto (art. 2932 c.c.), ottenendo così una sentenza costitutiva idonea ad avere gli stessi effetti del contratto definitivo, mentre nel secondo caso la parte adempiente era legittimata solo a richiedere la risoluzione del contratto unitamente al risarcimento del danno (1453 c.c.).

Oggi questa tesi è stata del tutto superata, infatti, con sentenza a Sezioni Unite n. 1720 del 27.02.1985, la Corte di Cassazione, superando ogni distinzione tra preliminare puro e preliminare con effetti anticipatori, ha stabilito che: laddove l’immobile ancora da costruire e oggetto di un preliminare di compravendita sia realizzato con vizi tali non da incidere sull’effettiva utilizzabilità del bene, ma solo sul suo valore o su secondarie modalità di godimento, il promissario acquirente può sempre esperire l’azione di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo (2932 c.c.), chiedendo anche la riduzione del prezzo o l’eliminazione delle difformità.

In altri termini, se si tratta di vizi e di difformità che non incidono sull’effettiva utilizzabilità del bene secondo le previsioni contrattuali, il promissario acquirente potrà agire in giudizio chiedendo, oltre all’emanazione di una sentenza costitutiva idonea a produrre gli stessi effetti dell’accordo definitivo, anche l’eliminazione delle difformità o la riduzione del prezzo. In quest’ultimo caso viene riconosciuto al giudice la possibilità di stabilire nella sua decisione un prezzo inferiore rispetto a quello pattuito nel preliminare e ciò configura un legittimo intervento riequilibrativo delle prestazioni che gravano sulle parti.

Ovviamente la domanda di riduzione del prezzo è alternativa a quella di eliminazione delle difformità o di rimborso per le spese sostenute per le riparazioni, con la conseguenza che l’accoglimento di una deve escludere l’altra (Cass., sentenza n. 26943/2006).

Qualora invece i vizi e le difformità incidano sulla struttura e sulla funzione del bene, oppure il promissario acquirente intenda liberarsi dell’obbligo di concludere il contratto definitivo, non essendo più intenzionato ad acquistare il bene, potrà richiedere la risoluzione del contratto (quindi il suo scioglimento) oltre al risarcimento dei danni (1453 c.c.).

Attenzione però, laddove il promissario acquirente abbia corrisposto al promittente venditore una somma di denaro a titolo di caparra confirmatoria al momento della sottoscrizione del contratto preliminare, il primo potrà recedere dal contratto e richiedere al secondo la restituzione del doppio della caparra (1385 c.c.).

Cosa può fare il promittente venditore per evitare lo scioglimento del contratto preliminare?

Il promittente venditore potrà evitare la risoluzione del contratto preliminare se, prima della stipulazione del rogito notarile, chiede ed ottiene la concessione della sanatoria. La sanatoria ha dunque l’effetto di sanare l’abuso anche quando ottenuta in epoca successiva alla stipulazione del preliminare ma prima del rogito.

In conclusione, è bene evidenziare che la responsabilità penale per l’abuso edilizio resta in capo a chi lo ha realizzato, dunque in capo al venditore e l’acquirente non potrà rispondere penalmente dell’irregolarità.

D’altra parte, all’acquirente potrà essere imposto senza alcun limite di tempo l’obbligo di demolizione dell’abuso.

Roma, 25.03.2019

Avv. Domenico Vizzone

Tel: 06.50931195