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Polizza Infortuni – annullamento del contratto per dichiarazioni false e reticenti

Il Sig. Sempronio citava davanti al Tribunale di Roma la Società Alfa S.p.a. per ivi sentirne accertare l’inadempimento contrattuale e per l’effetto, in via principale – intimare la convenuta all’adempimento contrattuale ex art. 1493 c.c. nel rispetto delle garanzie prestate, con conseguente condanna al riconoscimento dell’equo indennizzo individuato in € 100.000/00 oltre le spese mediche sostenute, come allegate, interessi e rivalutazione monetaria, in via subordinata – risolvere il contratto assicurativo, ai sensi dell’art. 1453 c.c. per grave ed ingiustificata inadempienza delle convenuta – condannare la Società Alfa S.p.a. al risarcimento del danno derivante dall’inadempimento, oltre interessi e rivalutazione monetaria secondo legge sulla somma complessiva, individuata in € 1000.000/00 come sopra meglio specificato, oltre spese mediche.

L’attore deduceva di aver riportato lesioni, quando, mente si trovava come trasportato su un motociclo condotto dall’amico, venivano collisi da un veicolo Ford, e rivendicava l’indennizzo previsto dalla Polizza Assicurazione Multirischio per la Persona, stipulata con Società Alfa S.p.a.

Si costituiva la società Alfa S.p.a. chiedendo il rigetto della domanda per la non indennizzabilità del sinistro ai sensi dell’art. 1892 c.c., stante le dichiarazioni inesatte e reticenti rese dall’assicurato in sede di stipula in merito all’attività lavorativa svolta e alle pregresse patologie, e perché infondata in fatto e in diritto, per la mancanza di prova di un evento indennizzabile e di un danno risarcibile ai sensi di polizza ed in via subordina chiedevo limitarsi l’indennizzo alla minor somma realmente dovuta e provata, secondo le Condizioni Generali di Assicurazione.

Concessi i termini ex art. 183 c.p.c., il giudice disponeva l’acquisizione in originale della documentazione state le contestazioni sollevate dalla convenuta in merito alla autenticità di quella prodotta in atti in copia, e disponeva la comparizione dell’attore per rendere l’interrogatorio libero, e ammetteva la CTU medico legale,

All’esito del deposito della ctu, e dando atto della mancata comparizione dell’attore in udienza per il disposto interrogatorio libero, il giudice ritenuta la vertenza documentale, tratteneva la causa in decisione con termine per memorie ex art. 190 c.p.c.

Il Giudice ha rigettato la domanda così argomentando:

“… si osserva preliminarmente che causa di annullamento del contratto di assicurazione possono essere le eventuali dichiarazioni inesatte o reticenti dell’assicurato: queste, infatti, rendono nullo il contratto quando si riferiscono a circostanze tali che la compagnia non avrebbe prestato il proprio consenso ovvero, ove avesse conosciuto il vero stato delle cose, ne avrebbe mutato le condizioni. La causa di annullamento del contratto di assicurazione prevista dall’art. 1892 c.c. esige il simultaneo concorso di tre elementi essenziali: a) una dichiarazione inesatta o una reticenza dell’assicurato; b) l’influenza di tale dichiarazione o reticenza ai fini della reale rappresentazione del rischio; c) che la reticenza o la dichiarazione inesatta siano frutto del dolo o della colpa grave dell’assicurato.

Pertanto, non qualunque reticenza di circostanze conosciute dall’assicurato è causa di annullamento del contratto di assicurazione, ma l’annullamento è invocabile solo quando la dichiarazione falsa o reticente sia di tale natura che l’assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non l’avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto l’esatta o completa verità. Si osserva, inoltre, che le dichiarazioni inesatte e reticenti, sebbene siano configurate come causa di annullamento del contratto – se rese dall’assicurato con dolo o colpa grave (art. 1892 c.c.) – ben possono operare nella struttura del sinallagma contrattuale in termini di eccezione tesa a paralizzare l’accoglimento della domanda di adempimento contrattuale spiegata dal contraente o dal beneficiario di polizza (cfr. Cass. Civ., sez. III 13.07.10 n. 16406; in senso conforme Cass. sez. III 13.3.2007 n. 5849). In tali casi, è onere dell’assicurato fornire la prova che l’assicuratore, pure in presenza di dichiarazioni inesatte o reticenti, fosse comunque a conoscenza delle circostanze relative alla dichiarazione inesatta o alla reticenza (cfr. Cass. Civ., sez. III 19.12.2000 n. 15939)”.

Alla luce della documentazione prodotta dalla Società Alfa S.p.a. (Scheda di Polizza – CGA e questionario sottoscritto), osserva il giudice:

“Nella fattispecie sottoposta al vaglio del Tribunale, alla stregua del compendio assertivo e documentale acquisito nel contraddittorio delle parti, si rileva che nella scheda di polizza l’assicurato aveva dichiarato lo svolgimento di funzioni dirigenziali/impiegati/Quadri/mansioni amministrative e sedentarie, per cui veniva riportato il codice A637.

La rilevanza della dichiarazione deriva innanzitutto dall’art.1.1 che delinea l’ambito di operatività della polizza, riguardante gli infortuni nello svolgimento delle attività professionali dichiarate in polizza oltre che delle attività senza carattere di professionalità e dall’art. 4.2. che impone l’obbligo di immediata comunicazione alla Compagnia del cambiamento dell’attività professionale nonché dalla previsione che nell’ipotesi di attività professionale non rientrante tra quelle elencate, l’indennizzo verrebbe subordinato all’autorizzazione direzionale.

Inoltre, nell’assicurazione infortuni l’attività professionale svolta dall’assicurato espone in misura maggiore o minore al rischio di infortuni (non può ritenersi esposto ai medesimi rischi un impiegato amministrativo rispetto ad un skyscrapers cleaner o ad un agente di polizia).

Se ne può dedurre che, ove l’assicuratore fosse stato a conoscenza della reale attività professionale di Sempronio o della condizione di disoccupato, non avrebbe dato il suo consenso o non l’avrebbe dato alle medesime condizioni o, ancora, avrebbe potuto diversamente graduare l’ammontare del premio di polizza.”

Aggiunge il giudice: “Il tema di cui all’art. 1892 c.c. non è quello di verificare se la inesatta informazione abbia, o meno, avuto correlazione con la verificazione del sinistro ma – cosa radicalmente diversa – se la inesatta informazione abbia, o meno, avuto rilevanza in ordine alla reale rappresentazione del rischio da parte dell’assicuratore.

Che al momento della sottoscrizione della proposta di polizza l’assicurato non svolgesse l’attività dichiarata, non è stato neppure contestato dall’attore, che si è limitato a replicare come non fosse stata fornita dal convenuto alcuna prova al riguardo. Nessuna prova, dunque, è stata allegata da Sempronio che all’epoca del sinistro svolgesse effettivamente la professione di dirigente o quadro amministrativo. A tal fine non è superfluo rammentare che l’attore non è neppure comparso innanzi al G.I. per essere liberamente interrogato.

Inoltre, se da un canto la Compagnia assicurativa non poteva fornire prova di una condizione negativa (qual è quella di non svolgere alcuna professione) se non verificando, come ha fatto, l’esistenza di dichiarazioni dei redditi o iscrizioni presso la CCIAA, dall’altro, non può non evidenziarsi come il principio della prossimità della prova sia di natura generale e vale anche per l’attore, che avrebbe potuto confutare agevolmente quanto contestato dalla Compagnia convenuta, documentando di svolgere attività amministrativa e, comunque, sedentaria, in posizione apicale (dirigente o funzionario) ed invece non ha allegato neppure un principio di prova, il che è chiaramente predittivo di una condotta gravemente colposa nel rendere sul punto dichiarazioni difformi dal vero.

L’assunto, dunque, rimane incontestato e non appare rilevante quanto dedotto dall’attore circa l’inserimento da parte dell’assicuratore del codice identificativo della professione svolta, posto che nelle condizioni di contratto sono espressamente indicate le professioni riferentesi ai singoli codici, sicché l’assicurato è stato posto nelle condizioni di conoscere agevolmente il significato del codice in questione”.

In merito all’atteggiamento psichico del dichiarante/assicurato, osserva il giudice:

“           Tale circostanza documentale, contrariamente all’assunto di parte attrice, consente di ritenere che le dichiarazioni rese nel contesto della proposta di polizza fossero sorrette da un atteggiamento psichico declinabile come dolo, o quanto meno come colpa grave, dovendosi escludere che l’assicurato ignorasse la professione da lui stessa svolta.

Ed invero, ad integrare l’elemento del dolo, è sufficiente la coscienza e volontà dell’assicurato di rendere una dichiarazione inesatta o reticente.

Quanto alla colpa grave, invece, la Corte di legittimità ha precisato che tali dichiarazioni devono essere la conseguenza di una grave negligenza, tale da far presupporre la coscienza dell’inesattezza o della reticenza della dichiarazione e la contemporanea consapevolezza dell’importanza di quella dichiarazione, rispetto alla conclusione del contratto ed alle sue condizioni.

Dunque, la richiamata norma codicistica è posta ad esclusiva tutela dell’assicuratore il quale, non potendo compiere indagini volte all’accertamento della situazione in cui verte l’assicurato, si affida alle dichiarazioni rese da quest’ultimo, per valutare e individuare, con precisione, il rischio che intende assicurare e calcolare il corrispondente premio. Inoltre, è a carico dell’assicurato la prova che l’assicuratore, pur in presenza di sue dichiarazioni inesatte e reticenti, conoscesse l’effettiva entità del rischio cui era sottoposto.

Ne segue il rigetto della domanda stante l’inoperatività della polizza ex art. 1892 c.c.”.

Conclude il giudice il suo ragionamento:

“Orbene, in caso di violazione dell’obbligo di esattezza delle dichiarazioni, l’assicurazione può rifiutare il pagamento dell’indennizzo, anche senza impugnare il contratto (Cassazione civile, n. 11905/2020).

Infatti, l’art. 1892 c.c. dispone che le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente siano causa di annullamento del contratto, senza che operi l’onere dell’assicuratore di manifestare la propria volontà di esercitare l’azione di annullamento del contratto ex art. 1892 c.c., entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto la causa dell’annullamento, quando il sinistro si verifichi prima che l’assicuratore sia venuto a conoscenza dell’inesattezza o reticenza della dichiarazione.

In tali ipotesi, per sottrarsi al pagamento dell’indennizzo, è sufficiente che l’assicuratore «invochi, anche mediante eccezione, la violazione dolosa o colposa dell’obbligo posto a carico dell’assicurato di rendere dichiarazioni complete e veritiere sulle circostanze relative alla rappresentazione del rischio» (Cass. 5519/1985, Cass. 3165/2003, Cass. 11/2010, Cass. 16406/2010, Cass. 12831/2014).

In buona sostanza, in caso di dichiarazioni inesatte o di reticenze dell’assicurato, rilevanti ai fini della conclusione del contratto, l’assicuratore ha la possibilità di:

• chiedere l’annullamento del contratto, se la reticenza venga scoperta prima che il sinistro si verifichi,

•rifiutare il pagamento dell’indennizzo ovvero agire per l’accertamento dell’inadempimento dell’assicurato, senza bisogno di impugnare il contratto di assicurazione, se la inesattezza delle dichiarazioni venga scoperta dopo il sinistro, come nel caso di specie.

Deve, conclusivamente, accogliersi l’eccezione inadimplenti non est adimplendum, sollevata dalla Compagnia convenuta e rigettare la domanda di Sempronio”.//vizzone2