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Unione civile

La legge n. 76/2016, nota come Legge Cirinnà, ha introdotto in Italia una compiuta disciplina che regola le unioni tra persone dello stesso sesso e la convivenza tra persone che non hanno contratto matrimonio.

La legge ha così colmato una lacuna presente nel nostro Ordinamento, infatti sino al 2016 non era riconosciuta alcuna forma di tutela a quanti, pur formando una famiglia, non potevano (perché dello stesso sesso) o non volevano contrarre matrimonio.

In cosa consiste l’unione civile?

L’unione civile è un nuovo istituto giuridico che consente alle coppie dello stesso sesso di essere riconosciute dalla legge come una famiglia, garantendo loro alcuni dei diritti e dei doveri tipici del matrimonio.

Oggi, dunque, due persone maggiorenni dello stesso sesso posso costituire un’unione civile con una dichiarazione resa all’Ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni. A differenza del matrimonio, qui le parti non sono tenute a recitare formule particolari.

L’Ufficiale di stato civile si occuperà poi della registrazione degli atti di unione presso l’archivio dello stato civile.

Analogamente a quanto previsto per il matrimonio, l’art. 1, co. 13, della l. Cirinnà stabilisce che, in mancanza di una diversa convenzione patrimoniale, dovranno trovare applicazione le regole proprie della comunione legale. In altri termini, la coppia unita civilmente sarà soggetta automaticamente al regime della comunione dei beni, a meno che questi non indichino una diversa scelta.

L’unione comporta l’obbligo delle parti a contribuire ai bisogni comuni, stabiliscono l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune.

Molto importanti sono anche le novità sotto il profilo successorio, infatti l’unione civile conferisce alle coppie il diritto alla legittima (ossia a quella quota di eredità attribuita dalla legge ad alcune categorie di successori e della quale il testatore non può validamente disporre).

Quali sono le differenze con il matrimonio?

Nonostante i numerosi punti in comune, tra unione civile e matrimonio è possibile individuare alcune importanti differenze. La prima e senza dubbio la più importante è che l’unione civile si realizza solo tra persone dello stesso sesso e la disciplina normativa non riconosce esplicitamente l’obbligo di collaborazione e fedeltà.

Un’altra differenza consiste nel fatto che solo nell’unione civile le parti hanno la possibilità di scegliere il cognome della famiglia, mentre nel matrimonio la moglie aggiunge il cognome del marito al proprio.

Infine, rispetto a quanto avviene per il matrimonio (http://www.vizzone.it/2019/04/23/separazione-e-divorzio-ultime-novita/), lo scioglimento dell’unione civile ha effetto immediato e non è previsto un periodo di separazione.

È possibile per le coppie unite da un’unione civile adottare un bambino?

Nel corso dell’esame parlamentare della l. n. 76 del 2016 piuttosto controversa fu la questione della Stepchild adoption, ossia l’adozione del figlio da parte del partner (unito civilmente o sposato) del genitore naturale. Si pensi, per esempio, al caso di Tizio e Caio che convivono con il piccolo Mevio (figlio naturale di Tizio avuto dalla sua precedente relazione con Sempronia), l’approvazione della stepchild adoption avrebbe permesso a Caio di adottare Mevio, divenendo così suo genitore anche agli occhi della legge.

L’attuale testo normativo della Legge Cirinnà non contiene alcun riferimento alla c.d. Stepchild adoption, nel corso dell’esame parlamentare il Senato stralciò la disposizione volta a consentire, nell’ambito dell’unione civile, la possibilità per il partner di adottare il figlio biologico dell’altro.

Si tratta di una forma di adozione particolare che mira a tutelare l’interesse del minore anche in quelle situazioni in cui la legge non avrebbe consentito di giungere ad un’adozione piena.

In Italia, l’adozione in casi particolari è disciplinata dall’art. 44 della l. n. 184/1983, che consente l’adozione del figlio del coniuge, purché vi sia il consenso del genitore biologico e a condizione che l’adozione corrisponda all’interesse del figlio. L’adozione è comunque condizionata all’esito positivo dell’indagine espletata dal Tribunale per i minorenni in merito all’idoneità affettiva, la capacità educativa, la situazione personale ed economica, la salute e l’ambiente familiare dell’adottante.

Sino al 2007, l’adozione in casi particolari era ammessa solo per le coppie sposate, in un secondo momento questa è stata poi estesa anche ai conviventi eterosessuali (sentenze dei Tribunali per i minorenni di Milano prima e Firenze) avendo la giurisprudenza ritenuto che fosse interesse del minore che al rapporto affettivo di fatto corrispondesse anche un rapporto giuridico, consistente in diritti e doveri.

Fattori contrastanti, quali: la mancanza di una disposizione che estendesse l’adozione in casi particolari anche all’ipotesi dell’unione civile e, dall’altra parte, l’importanza di tutelare l’interesse del minore, hanno fatto sì che la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, si esprimesse sul punto con orientamenti discordanti.

Il primo riconoscimento di una adozione in una coppia omosessuale risale al 2014, quando il Tribunale dei minori di Roma, con sentenza del 30 luglio 2014, ha permesso ad una donna di adottare la figlia naturale della compagna. Le donne si erano sposate in Spagna e sempre all’estero erano ricorse alla procreazione eterologa assistita per avere un figlio.

Poche settimane dopo l’entrata in vigore della Legge Cirinnà, anche la Corte di Cassazione (sent. n. 12962/2016) si espresse in senso favorevole alla possibilità di estendere l’istituto della stepchild adoption anche alle unioni civili, riconoscendo assoluta rilevanza a quel rapporto affettivo formatosi tra il minore e l’adulto (non genitore biologico) e consolidatosi nel tempo.

Tuttavia, in mancanza di una compiuta disciplina normativa, diverse sono state anche le pronunce in senso contrario, ossia quelle che non hanno riconosciuto l’operatività della stepchild adoption quando a richiederla fossero due persone dello stesso sesso.

In questo senso è possibile, a titolo esemplificativo, fare richiamo alla decisione del 30 luglio 2017 emessa dal Tribunale dei minori di Palermo, ove i giudici palermitani hanno negato la richiesta di adozione del figlio biologico del partner.

In definitiva, la risposta alla domanda: È possibile per le coppie unite da un’unione civile adottare un bambino?Non può che essere:dipende! Infatti, nonostante la legge Cirinnà nulla ci dica in questo senso, sarà sempre necessario valutare il caso concreto e tenere conto dell’interesse del minore.

Roma, 23.04.2019

Avv. Domenico Vizzone

Tel: 06.50931195